CRONACA
CONTEMPORANEA
Firenze, 10 novembre 1881
I.
ROMA (Nostra corrispondenza) - Vitale ebreo conferma il rivelato da Israele
sopra il rito sanguinario della Pasqua giudaica. Rivela le Pasque sanguinarie
da lui e dal suo zio Salomone celebrate in Monza presso Milano. Descrive
lÕatroce martirio del Beato Simoncino da Trento. E ne dichiara lo scopo ed il
motivo.
Dappoichè, cogli interrogatori riferiti nella corrispondenza precedente, venne
esaurito quanto conosceva Israele sopra l'assassinio del B. Simoncino e la sua
cagione, si passò all'interrogatorio di chi ne conosceva, e rivelonne, perciò,
anche di più, secondo che vedremo: cioè di Vitale, factor, come dice il
processo, ossia fattore od agente di Brunetta madre del già interrogato
Israele. Il qual nome di Vitale già notammo altrove non essere che l'anagramma
puro di Levita; come, parimente, il nome di Arbid non è che l'anagramma puro di
Rabbi: solendo così gli ebrei travisarsi talvolta il nome, quando loro torna.
Ed avendo Vitale mostrata, nei suoi primi interrogatorii, oltre ad una
straordinaria ostinazione, anche una singolarissima astuzia nel fare il nescio,
gli venne, il 13 aprile, teso dal Podestà un laccio, nel quale egli si lasciò
cadere. Giacchè fu posto (Folio XXXIX verso) in un armario sotto la scala: in
armario quod est sub scala. Il quale armario fu poi chiuso: quod armarium
postea fuit clausum. E poi fu condotto Israele (già interrogato e confesso)
figlio di Samuele. Il quale Israele, stando presso il detto armario chiuso, in
cui era Vitale come sopra, fu interrogato: Che nomini coloro che erano presenti
quando fu ucciso il fanciullo. Qui Israel, stans apud dictum armarium clausum,
in quo erat Vitalis ut sopra, fuit interrogatus: Quod nominet qui fuerunt
praesentes quando fuit interfectus puer:
Il
quale Israele rispose: che furono presenti gli infrascritti: Samuele, Tobia,
Vitale ed egli Israele, insieme cogli altri. Qui Israel respondit quod fuerunt
presentes infrascripti, Samuel, Thobias, Vitalis et ipse Israel, una cum
ceteris aliis.
Le
quali cose dette, il detto Israele non fu lasciato parlare più oltre: ma fu
ricondotto alle carceri. Quibus sic dictis, dictus Israel non passus est ultra
loqui: sed reductus fuit ad carceres.
E
Vitale fu poi estratto dall'armario. Ed, interrogato che dica a verità: Rispose
che il Signor Podest^ dee rimanere contento di ciò che ha confessato il detto
Israele. Respondit quod Dominus Potestas debet remanere contentus de eo quod
confessus est dictus Israel. Ed interrogato: Che cosa avesse confessato Israele?
Rispose: Che bene aveva udito lo stesso Signor Podestà quello che aveva detto.
Respondit: quod bene audivit ipse Dominus Potestas quod dixit. Nè se ne potè,
per allora, aver altro. Salvo che: interrogato dove fu ucciso il fanciullo?
Rispose che fu ucciso nella cucina. Respondit quod fuit interfectus in coquina.
Interrogato, come sa che fu ucciso nella cucina? Ed allora nulla rispose.
Interrogatus quid scit quod fuerit interfectus in coquina? Et tunc nihil
respondit. Promise però che, se lo deponevano dalla corda, avrebbe parlato. Ed
allora fu lasciato e ricondotto alle carceri: deponatis me: ego dicam
veritatem: et tunc fuit depositus. Aveva, infatti, ben capito che era inutile
che si ostinasse a tacere dopo che Israele, come egli stesso aveva udito dall'armario,
aveva dovuto già tutto confessare ed egli stesso aveva in parte già
sbadatamente confermata la confessione di Israele. E perciò, il 14 del detto
mese di Aprile (Folio XL recto) ed il 17 seguente (Folio XLI verso) finì poi,
anch'egli, col narrare fedelmente ogni cosa, come i precedenti ed i seguenti
testimonii, quanto alla consumazione dell'assassinio ed a tutte le sue anche
più minute circostanze. Ma quanto alla sua cagione (della quale, per ora,
specialmente ci occupiamo) aggiunse ai già riferiti da Israele altri finora
ignoti ed inauditi particolari; i quali saranno l'argomento della presente
corrispondenza.
Interrogato,
infatti, il 18 di aprile (Folio XLI verso): A qual fine desiderava avere del
sangue del detto fanciullo? Ad quem finem cupiebat habere de sanguine dicti
pueri? Rispose: che per avere di quel sangue, e per metterlo nelle paste di cui
si fanno le loro azzimelle: le quali poi mangiano nel giorno della Pasqua loro:
Respondit: ut de illo sanguine haberet; et poneret in pasta de qua faciunt suas
azimas: quas azimas postea comedunt in die pasce eorum. Dove non si vuol
lasciare di osservare che anche Vitale, come già Israele, interrogato del
perchè dell'assassinio, non rispose già che per far onta e contumelia alla
Pasqua cristiana, ma per osservare la propria. Ut de illo sanguine haberet et
poneret in pasta de qua faciunt suas azimas. E la cosa si chiarirà anche meglio
da ciò che segue. Giacchè:
Interrogato
a qual fine così punse il fanciullo e così dilacerarono le sue carni? Ad quem
finem ita pupugit puerum et ita dilaceraverunt carnes eius? (Il che era un
evidente insistere sopra il voler sapere se vi era di sotto qualche altra
cagione) Ed a qual fine mangiano del sangue di un fanciullo cristiano? Et ad
quem finem comedunt sanguinem pueri cristiani? Rispose: di averlo già detto:
Respondit se dixisse. Quasi dicendo: Non vi è altra cagione, che io sappia,
fuorchè la necessità, in cui noi ebrei siamo di avere del sangue cristiano per
celebrare la nostra Pasqua.
E
per maggiore evidenza della cosa, soggiunse subito: Salvochè è necessario ai
giudei di avere del sangue di un fanciullo cristiano, ogni anno, e di quello
mettere nelle focacce degli azzimi: Salvo quod est necesse ipsis iudeis habere
de salguine pueri cristiani, singulo anno, et de illo ponere in fugatiis
azimorum: ripetendo, in sostanza, quello che aveva già detto; e neanche
accennando all'altra ragione del far onta ed obbrobrio a Cristo ed ai
cristiani. La quale seconda ragione entra, certamente, anch'essa in quell'empio
rito rabbinico. Ma è una ragione secondaria. La primaria essendo quella di
osservare un rito necessario e legale per la celebrazione della Pasqua. Giacchè
est necesse iudeis habere de sanguine pueri cristiani, singulo anno: et de illo
ponerein fugatiis azimorum, secondo che già sapevamo da Giovanni di Feltro,
figliuolo di Sacchetto ebreo e da Israele figliuolo di Samuele: ed ora sappiamo
anche, pressochè colle stesse parole, da Vitale fattore della Gnora Brunetta.
Ma
non sapevamo, finora, da nessuno ciò che, continuando il suo detto, rivelò
Vitale, soggiungendo: Che tutto il sopra detto egli l'aveva udito dire dai suoi
maggiori; cioè da Samuele e da Mosè il Vecchio abitanti di Trento: e da
Salomone zio di esso Vitale. Il quale abita in Monza nel territorio di Milano. Prout
dici auduvut a maioribus suis: videlicet a Samuele et a Moise antiquo
habitatoribus Tridenti: et a Salomone patruo eius Vitalis, qui habitat Monzie
territorii mediolanensis. Presso il quale zio, egli Vitale stette circa tre
anni. Nel qual tempo, nel giorno della sua Pasqua, mangiò degli azimi col
sangue, come sopra: secondo che gli disse il detto suo zio. Apud quem patruum
ipse Vitalis stetit circa tres annos. Quo tempore, in die pasce sui, comedit de
azimis cum sanguine, ut sopra: prout sibi dixit dictus eius patruus.
Non
sarà difficile agli eruditi monzesi, di accertarsi se, nei loro storici o nei
loro archivii, si conservi qualche memoria di queste Pasque ebree celebratesi
nel secolo XV (e, molto probabilmente, anche prima ed anche poi) tra le loro mura,
col sangue dei loro bambini, dai pii Salomoni e Vitali del loro ghetto. Nè è a
dubitare che i giudici di Trento non abbiano in qualche guisa informate le
autorità di Monza delle divote pratiche pasquali dei loro Salomoni. Ad ogni
modo, il fatto è questo: nè se ne può dubitare. Giacchè quale tortura, fuorchè
la forza della verità, avrebbe mai potuto strappare a Vitale la narrazione di
un fatto somigliante? Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto sognare, non che
suggerire od insinuare a Vitale, che egli era stato tre anni a Monza col suo
zio Salomone, e che colà, in ciascuno di quei tre anni, egli aveva, col suo
zio, mangiate, nella sua Pasqua, le azzimelle condite col sangue monzese. Donde
anche si vede quanto autorevoli e rispettabili debbano ritenersi quelle tante
tradizioni, che in tanti luoghi si conservano, sopra simili assassinii ebraici,
specialmente nel medio evo. Sappiamo, infatti, già fin d'ora, indubbiamente,
che in tre città, l'una dall'altra, specialmente per quei tempi, assai lontane,
Tungros in Germania, Trento in Tirolo e Monza in Italia, solevano allora gli
ebrei, da molti anni, celebrare la loro Pasqua col sangue cristiano. E perchè
non anche altrove, e prima e poi, dovunque e quando il potevano? Trattavasi,
infatti, di legge e di legge universale e comune; secondo che apparirà sempre
meglio dal processo che abbiamo per le mani.
Or,
continuandosi l'interrogatorio di Vitale fu richiesto (Folio XLI verso): Se in
quest'anno egli Vitale abbia mangiato degli azimi, nei quali fosse del sangue
di un fanciullo cristiano. An, hoc anno, ipse Vitalis comederit de azimis, in
quibus esset de sanguine pueri cristiani:
Rispose:
Nel giorno del Venerdì Santo fecero degli azimi, ossia focacce. E Samuele e
Mosè gli dissero che in quegli azimi, ossia focacce, posero del sangue del
fanciullo cristiano, che, nel giorno di Giovedì, avevano ucciso. E dice che
egli altrimenti non sa chi abbia posto il detto sangue negli azimi o focacce.
Se
pure non fu Bonaventura cuoco di Samuele, che fa il pane. Respondit: in die
Veneris Sancti fecerunt de azimis, sive fugatiis, posuerunt de sanguine pueri
cristiani, quem in die Iovis interfecerant. Et dicit se aliter nescire quis
posuerit dictum sanguinem in azimis, sive fugatiis: nisi fuerit Bonaventura
cocus, qui facit panem.
Ed
essendosi così finito, per la parte che riguarda la cagione ed il perchè
dell'assassinio, l'interrogatorio di quel giorno; il nove di giugno (Folio XLII
recto e seguenti) prese Vitale a narrare, così per l'appunto, tutto il fatto ed
il rito (siccome quegli che vi era stato presente dal principio alla fine) che
porta il pregio di riferire qui ogni cosa. Interrogato, dunque, che dica la
verità: Rispose: Che, nel giorno della Pasqua di loro giudei, che fu nel giorno
di Giovedì, che i Cristiani dicono il giorno Santo, verso il principiar della
notte, nè sa altrimenti dire precisamente l'ora, egli Vitale, stando nella casa
di Samuele, andò nella camera che è innanzi alla Sinagoga. In essa erano gli
infrascritti; Mosè il Vecchio, Samuele, Israele suo figliuolo, Mohar figlio di
Mosè il Vecchio, Bonaventura figliuolo di Mohar, Bonaventura cuoco e Tobia.
Colà il detto Samuele legò un fazzoletto (unum faziolum) intorno al collo di un
certo fanciullo colà esistente. Il qual fanciullo Mosè il Vecchio, sedendo
sopra un certo banco scanno (Banco Scampno) teneva sopra le ginocchia. Il qual
fazzoletto i detti Mosè e Samuele stringevano attorno al collo del fanciullo,
perchè non si udisse mentre strillava. E Mosè con una certa tenaglia (tenalea
quadam) che aveva nelle mani estirpò (extirpavit) un poco di carne del
fanciullo dalla mascella destra. E similmente fecero Samuele e Tobia. Il quale
Tobia, con una certa scodella, talvolta raccoglieva il sangue colante dalla
mascella del fanciullo: e talvolta anche Mohar teneva la scodella. E tutti i
soprascritti, ed egli Vitale, avevano degli aghi in mano, coi quali pungevano
il detto fanciullo, dicendo certe parole in ebraico, che egli non sa. E poi,
colla stessa tenaglia, estirparono della carne del fanciullo nella gamba
destra, al lato esteriore. E non sa chi sia stato il primo, nè il secondo, che
estirpasse le carni nella gamba destra. E dice che il sangue, che scorreva
dalla detta ferita della gamba si raccoglieva in una scodella. E non sa chi
tenesse quella scodella. E poi Samuele e Mosè, sedenti sopra un certo banco
quivi posto, presero il detto fanciullo; e quello, tra loro due sedenti,
eressero in piedi, e lo tenevano diritto, in piedi, colle mani in questo modo.
Perchè Mosè, sedendo al lato destro del fanciullo, teneva il fanciullo diritto
in piedi; e teneva esteso il braccio dritto. Similmente faceva Samuele che era
al lato sinistro del fanciullo. E Tobia (come crede di Tobia) teneva i piedi
del fanciullo. Cosicchè il fanciullo, così stando diritto ed esteso colle
braccia, pareva crocifisso. E stando così il fanciullo, tutti i soprascritti
giudei circostanti, cogli aghi che avevano in mano, pungevano il detto
fanciullo. Ed anche egli (Vitale) punse, come sopra disse. E mentre queste cose
si facevano, il fanciullo morì. Interrogatus quod melius dicat veritqatem:
Respondit quod in die pasce ipsorum iudeorum, quod fuit in die Iovis, quem
cristiani dicunt Sanctum diem, circa principium noctis, et aliter precise
nescit dicere horam, ipse Vitalis existens in domo Samuelis, ivit in cameram,
quae est ante Sinagogam; ubi etiam erant infrascripti: Moises antiquus, Samuel
Israel eius filius, Mohar filius Moisi Antiqui, Bonaventua filius Mohar,
Bonaventura coquus, Thobias. Et ubi dictus Samuel ligavit unum faziolum
(fazzoletto) circa collum cuiusdam pueri ibi existentis; quem puerum Moises
antiquus, sedens super quodam bancho scampno, habebat super genibus: et quem
faziolum dicti Moises et Samuel stringebant circa collum pueri, ne audiretur
dum clamaret. Et Moises, cum tenalea quadam, quam habebat in manibus,
extirpavit modicum de carne pueri maxille dextre. Et similiter fecerunt Samuel
et Thobias. Qui Thobias, cum scutella quadam, aliquando colligebqant (sic)
sanguinem defluentem a maxilla pueri; et aliquando etiam etiam Mohar tenebat
scutellam. Et omnes suprascripti, et ipse Vitalis, habebant acus in manibus,
cum quibus pungebant dictum puerum; dicendo certqa verba in hebraico, quae ipse
nescit, et deinde, cum eadem tenalea, extirpaverunt de carne pueri in tibiqa
dextra, ad latus exterius. Et nescit quis fuerit primus, nec secundus qui
extirpaverunt carnes de tibia dextra. Et dicit quod sanguis qui defluebat ex
dicto vulnere tibie, colligebatur in una scutella. Et nescit quis teneret
dictam scutellam. Et postmodum Samuel et Moises, sedentes super quodam bancho
ibi posito, receperunt dictum puerum, et illum, inter se sedentes, erexerunt in
pede. Et illum tenebant erectum in pedibus, manibus, hoc modo: quia Moises,
sedens ad latus ad latus dextrum pueri, tenebat rectum puerum in pede, et
tenebat brachium dextrum extensus. Similiter faciebat Samuel, qui erat ad latus
sinistrum pueri, et Thobias (ut credit de Thobia) tenebat pedes pueri; ita quod
puer, sic stans erectus et extensus cum brachiis, videretur crucifixus. Et
puero sic stante, omnes suprascripti iudei circumstantes cum acubus, quas in
manibus habebant, pungebant dictum puerum, et ipse etiam (Vitalis) pupugit, ut
soprqa dixit: et dum haec ferent, puer mortuus est. E chi, dei letori, crede
che questi siano stati i particolari più atroci dell'assassinio, erra di molto:
secondochè vedrà più innanzi. Ma contentiamoci, per ora, delle rivelazioni del
Levita Vitale.
Dalle
quali, per ora, sappiamo che, non con un coltelluccio, secondo che era più
agevole e perciò più naturale, ma con una tenaglia (tenalea quadam) gli ebrei
di Trento estirparono (extirpaverunt) colle carni anche del B. Simoncino. Or
perchè con una tenaglia anzichè col coltelluccio? Perchè, come c'informerà più
innanzi il processo, gli ebrei avevano già, altre volte, usato il coltelluccio
anzichè la tanaglia, per avere il sangue di un bambino cristiano. Ed essendo
stato trovato, in loro casa, il cadavere del bambino inciso anzichè tenagliato,
erano stati, con ciò stesso, convinti di averlo svenato per averne il sangue. E
perciò, per allontanare ogni sospetto, e far credere che quelle non erano
ferite fatte a mano, non più col coltelluccio incidevano, ma colla tanaglia
estirpavano, colle carni il sangue dei bambini, che riuscivano a rubare, per
celebrare col loro sangue la loro Pasqua: secondo che udiremo, a suo luogo,
narrarcisi espressamente da Mosè il Vecchio e da Samuele, ebrei pratici ed
esperimentati, da quasi un secolo, nei santi riti della Rabbineria.
Fu
poi interrogato Vitale (Folio XLIII recto) quali aghi erano quelli coi quali
pungevano (quae acus erant ille cum quibus pungebant): Rispose che erano certi
aghi di rame (quod erant certe acus de rame). E mostratiglisi certi aghi
diversi... scelse un certo ago col pomello: (Elegit quandam acum a pomedello):
dicendo che quell'ago col pomello è simile agli aghi, dei quali si servirono,
come sopra. (Dicens quod illa acus a pomedello est similis acubus, quibus usi
fuerunt ut supra). Erano cioè di quegli aghi detti, in italiano, spilletti e
spillettoni, che hanno un poco di capo rotondo a modo di pomello: i quali,
anche ora, nel dialetto veneto, si chiamano aghi col pomelo: acus a pomedello.
Interrogato
perchè ferirono il detto fanciullo e perchè così lo punsero? Quare ita
vulneraverunt dictum puerum et quare illum ita pupugerunt?: Rispose: che perciò
lo ferirono, per averne il sangue come disse di sopra: e che perciò punsero e
stesero le mani, in memoria di Gesù. Respondit quod ideo vulneraverunt ut
haberent sanguinem, ut supra dixit: et quod ideo pupugerunt et extenderunt
manus, in memoriam Iesu. Apparisce, dunque, anche da questa risposta che, per
quanto sapeva Vitale, la prima intenzione di quel delitto fu ut haberent
sanguinem: profittando poi, per così dire, dell'occasione per rinnovare
ebraicamente la memoria della Passione in memoriam Iesu.
Interrogato:
se in memoria buona od in memoria mala: Interrogatus: in memoriam bonam, vel in
memoriam malam? Rispose che lo fecero in disprezzo ed in vilipendio di Gesù,
Dio dei cristiani: dicendo che ogni anno fanno memoria della detta Passione.
Respondit quod fecerunt in contemptum et vilipendium Iesu Dei cristianorum:
dicens quod omni anno faciunt memoriam dictae passionis.
Interrogato
in qual modo fanno questa memoria: Quomodo faciunt illam memoriam? Rispose che
loro giudei fanno memoria della detta Passione di Gesù ogni anno, perchè
pongono del sangue di un fanciullo cristiano ogni anno nei loro azimi o
focacce. Respondit quod ipsi iudei faciunt memoriam dicte Passionis omni anno,
quia ponunt de sanguine pueri cristiani omni anno in eorum azimis, sive
fugatiis.
Non
rispose già Vitale, in questa (che fu l'ultima sua risposta all'ultimo suo
interrogatorio) che gli ebrei facevano ogni anno mala memoria della Passione di
Gesù Cristo collo stendere il fanciullo a modo di crocefisso, o con qualche
altro degli atti barbari da loro usati nel martoriarlo. Bensì rispose, che la
facevano, appunto e precisamente, col porre del sangue cristiano nei loro azimi
o focacce. Col che stesso, anche senz'altri aggiunti, già gli ebrei facevano
necessariamente mala memoria, contumelia e vilipendio di Cristo e della sua
Passione, senza che, forse, vi pensassero sempre esplicitamente. Giacchè di
proposito, e per prima intenzione, uccidevano i fanciulli cristiani e ne
estraevano il sangue per impastarne gli azimi e celebrare la Pasqua loro. E
questa fu anche sempre la loro prima risposta a chi li interrogava del perchè e
dello scopo di quegli assassinii. Nè venivano alla seconda risposta, sopra la
mala memoria della Passione, se non invitativi e come condottivi per mano
dall'insistenza dei giudici interroganti. Allora soltanto, quando ne venivano
espressamente richiesti, parevano riflettere e ricordarsi che, non solo per
avere il sangue ed impastarne gli azimi loro, ma anche per obbrobrio e
contumelia di Cristo e dei Cristiani, praticavano quegli empii loro riti
pasquali. Il che già si è potuto vedere dagli interrogatorii finora riferiti.
Ma si vedrà anche meglio dai seguenti che riferiremo. Nè potevano gli ebrei
trovare nessuna speciale difficoltà a confessare questa secondaria loro ragione
del delitto se fosse, invece, stata la la primaria; essendo a tutti notissimo
l'odio ed il disprezzo loro a Cristo ed ai Cristiani. Segretissimo, invece, ed
arcano era quell'altro loro rito di far la Pasqua col sangue cristiano.
Avrebbero dunque, dovuto, per prima cosa, confessare la ragione notoria,
riservando l'occulta alle ulteriori insistenze e torture, se, per ricordarsi
della notoria, non avessero avuto, appunto, bisogno di ulteriori insistenze e
torture. Segno chiaro, ed anzi prova, che la principale, se non anzi l'unica
ragione del loro delitto, e quella che certamente si presentava loro per prima
alla mente ed alla lingua, non era la notoria ma l'occulta. Ai processanti
cristiani invece importava assaissimo anche la notoria, benchè secondaria, ragione.
E ciò, sia per trarne argomento a stabilire la prova della causa del martirio
del B. Simoncino, ucciso per odio ed in memoria di Cristo: sia perchè quel
delitto di fare atti esterni di contumelia a Cristo ed al Cristianesimo in
paesi cristiani, dove gli ebrei erano appena tollerati, era contemplato
espressamente nei codici ecclesiastici e civili; secondo i quali era dovere dei
giudici di inquirere, procedere e punire.
E
tanto basti per questa corrispondenza.
--------------
La Civilta Cattolica
CONTEMPORANEOUS REPORTS
Florence, the 10th of November, 1881
Rome (Our Correspondence) - The Jew Vitale confirms what the Jew Israel
revealed about the bloody Passover rite. He reveals the bloody Passover rites
celebrated by him and his uncle Solomon that took place in Monza and Milan. He
describes St. Little Simon's dreadful martyrdom and talks about his purpose and
motivations.
By means of the interrogations reported in previous correspondence, the Jew
Israel revealed all he knew about St. Little Simon's murder and the reasons for
it. Thus, they started questioning the man who knew and revealed far more about
it, according to the information that follows. This man is Vitale, factor, as
it is written in the acts of the trial, or on the agent of Brunetta, Israel's
mother. Israel is the man who was already questioned (as we have previously
noted). We have already reported elsewhere that the name Vitale is nothing but
a mere anagram for the word levita (levite). Likewise, the name Arbid is
nothing but a mere anagram for rabbi. Jews often change their names when this
suits them. Vitale had shown an extraordinary persistency in addition to a very
peculiar cunning in feigning ignorance, during his first interview. Therefore,
on the 13th of April, Sir Podestà of Trent set a trap into which Vitale was
lured. He was put (Folio XXXIX verso) inside a wardrobe below the stairs (in
armario quod est sub scala). The wardrobe was then locked (quod armarium postea
fuit clausum). Afterward, Samuel's son, Israel, who had already been questioned
and had pleaded guilty, was taken before the Court. Israel was standing beside
the above-mentioned locked wardrobe with the unseen Vitale inside, as
previously mentioned. Then Israel was asked "that he name those who were present
when the child was murdered" (qui Israel, stans apud dictum armarium
clausum, in quo erat Vitalis ut supra, fuit interrogatus: quod nominet qui
fuerunt praesentes infrascripti, Samuel, Thobias, Vitalis et ipse Israel, una
cum ceteris aliis).
Israel answered that both he and those whose names were written were present
(qui Israel respondit quod fuerunt presentes infrascripti, Samuel, Thobias,
Vitalis et ipse Israel, una cum ceteris aliis).
After he had said these things, they didn't make him speak further. He was led
to prison. (quibus sic dictis, dictis Israel non passus est ultra loqui: sed
reductus fuit ad carceres). Then, they had Vitale come out of the wardrobe. He
was questioned in order to make him tell the truth. He answered that Sir
Podestà had to be satisfied already with what Israel had confessed (respondit
quod Dominus Potestas debet remanere contentus de eo quod confessus est dictus
Israel).
Then, questioned about what Israel had said, he answered that Sir Podestà
himself had heard very well what Israel had declared (respondit quod bene
audivit ipse dominus potestas quod dixit).
They were not able to make him speak further at that time, except for when he
was questioned on where the child had been murdered: he answered he had been
killed in the kitchen (respondit quod fuit interfectus in coquina). When they
asked him how he knew the child had been killed in the kitchen, he said nothing
(interrogatus quid scit quod fuerit interfectus in coquina? Et tunc nihil
respondit). Nevertheless, he promised he would tell the truth if they did not
put him to death. So he was left alone and taken to prison (deponatis me: ego
dicam veritatem: et tunc fuit depositus).
He had clearly understood there was no use in persisting in holding his tongue,
after Israel had pleaded guilty, as Vitale heard, while standing inside the
ward-robe. In part, Vitale himself had inadvertently confirmed Israel's
confession. Therefore, on the 14th of April (Folio XL recto) as on the
following 17th of the same month (Folio XLI verso), he finally began to speak
the truth about the murder down to the smallest detail, as previous and
following witnesses had done . As far as its cause was concerned - in which we
are particularly interested here - he added further unknown, unheard-of details
to those referred by Israel.
Those details are the subject of the current correspondence.
On the 18th of April, when he was questioned why he needed to obtain the above-
mentioned child's blood (Folio XLI verso: ad quem finem cupiebat habere de
sanguine dicti pueri), he answered that he needed his blood to put it into
their unleavened pastries to be eaten at Passover (respondit: ut de illo
sanguine haberet; et poneret in pasta de qua faciunt suas azimas: quas azimas
postea comedunt in die pasce eorum). We cannot avoid stressing that Vitale,
like Israel as well, when questioned on the cause of the murder, he did not say
he had the aim of insulting the Christian Easter; for his aim was to only
celebrate their [own feast] (ut de illo sangune haberet et poneret in pasta de
qua faciunt suas azimas). This is better explained as follows; for when he was
asked about the reason why they punctured the child and tore his flesh in such
a way (ad quem finem ita pupugit puerum et ita dilaceraverunt carnes eius?) --
as it was natural to insist upon knowing if there were any other reasons for
this behavior - and why it was their custom to consume the blood of Christian
children (et ad quem finem comedunt sanguinem pueri cristiani), he answered he
had already spoken of it (respondit se dixisse) by saying only: "There is
no other reason, as far as I know, except for the need we Jews have to get
Christian blood in order to properly celebrate our Passover." In order to
point this out, he soon added: "It is necessary for Jews to get Christian
boys' blood every year in order to put it into their unleavened pastries"
(salvo quod est necesse ipsis iudeis habere de sanguine pueri cristiani,
singulo anno, est de illo ponere in fugatiis azimorum), repeating what he had
already declared, without even mentioning that the reason for it was to insult
Christ and Christians. That impious rabbinical rite surely involves that second
reason. But it is a subordinate reason, for the main one is to comply with a
necessary, lawful rite of celebrating Passover. Since est necesse iudeis habere
de sangune pueri cristiani, singulo anno: et de illo poneret in fugatiis
azimorum, as we already knew from John of Feltre, Jew Sacchetto's son Israel,
Samuel's son Vitale, and from Lady Brunetta's agent, almost in the very same
words.
But we did not know yet what Vitale was to reveal as he continued speaking: he
had learned what he said above from his elders -- that is to say, Samuel and
Moses the Elder, both living in Trent, and from Solomon, Vitale's uncle, who
was living in Monza, under the territorial jurisdiction of Milan (Prout dicit
audivit a maioribus suis: videlicet a Samuele et a Moise antiquo habitatoribus
Tridenti: et a Salomone patruo eius Vitalis, qui habitat Monzie territorii
mediolanensis).
Vitale had lived with his uncle for almost three years. During this period, at
Passovers, he used to eat some unleavened pastries with blood in them, as said
before, according to what his uncle had told him (apud quem patruum ipse
Vitalis stetit circas tres annos. Quo tempore, in die pasce sui, comedit de
azimis cum sanguine, ut sopra: prout sibi dixit dictus eius patruus).
It would not be difficult for learned people of Monza to ascertain whether, in
their history or archives, there are traces of these Jewish Passovers
celebrated within their walls in the XVth century (and probably before and
after that century), involving the consumption of their children's blood, by
pious Solomon and Vitale, both living in the ghetto of Monza. It is
unquestionable that judges from Trent may have in some way told the authorities
of Monza about pious Passover customs of their Solomon. However, the fact is
that it is unquestionable, since no kind of torture but the strength of truth
could ever have extorted such a verisimilar confession from Vitale. In fact,
nobody would have been able to figure out or suggest this: Vitale had spent
three years of his life in Monza, together with his uncle Solomon, and each of
those three years he and his uncle had eaten unleavened pastries flavoured with
the blood of Monza at Passovers. Thus we can understand how authoritative and
worthy of respect many local customs which deal with such Jewish murders are,
especially going back to the Middle-Ages. In fact, we all know very well that
Jews had been accustomed for long years to complying with their Passover laws
by means of Christian blood in three towns: Tungros in Germany, Trent in the
Tyrol, and Monza in Italy, which were considered very far apart from one other,
especially in that period. What about elsewhere? And what about the period
before and after this? And when could they have done it? In fact, theirs was a
law, a universal and common one. This is to be revealed in detail during the
trial we are examining.
Now, going on with Vitale's interrogation, he was asked once again (Folio XLI
verso) if he had eaten unleavened buns flavoured with Christian boy's blood
(An, hoc anno, ipse Vitalis comederit de azimis, in quibus esset de sanguine
pueri cristiani).
He replied they had made some unleavened buns on Friday. Samuel and Moses told
him they had put in those buns some Christian boy's blood, killed by them on
Thursday. He said he otherwise did not know who put the blood in the buns.
Bonaventura, Samuel's cook and baker, at any rate, did not (Respondit: in die
Veneris Sancti fecerunt de azimis: sive fugatiis. Et Samuel et Moises dixerunt
sibi quod n civ azimis, sive fugatiis, posuerunt de sanguine pueri cristiani,
quem in die Iovis interfecerant. Et dicitse aliter nescirequis posuerit dictum
sanguinem in azimis, sive fugatiis: nisi fuerit Bonaventura cocus, qui facit
panem).
The interrogation of that day came to an end, as for the cause and purpose of
the murder. On the 9th of June (Folio XLII recto and following) Vitale started
talking about the occurrence and its rite (since he was the only one who had
been present from beginning to end). He was then required to say the truth. He
replied he was at Samuel's house during Jewish Easter [i.e., Passover], which
fell on Thursday, the Christians' Holy Day. At the beginning of the night,
unaware of the exact time, he went into the room before the Synagogue. The
following people were inside: Moses the Elder, Samuel, his son Israel, Mohar,
son of Moses the Elder, Mohar's son Bonaventura, the cook Bonaventura and
Thobias. Samuel tied a handkerchief (unum faziolum) around the neck of a baby
boy who was there. Moses the Elder, sitting on a bench (Banco Scampno), was
holding the baby on his knee, while Moses and Samuel were tightening the
handkerchief around baby's neck to prevent him from screaming aloud. Moses
pulled out bits of flesh from his right jaw by means of some pincers he held in
his hands. Samuel and Thobias did likewise. Thobias gathered in a bowl blood
that was dripping at times from baby's jaw. Sometimes, Mohar held the bowl, as
well. All the aforementioned persons had needles in their hands and they
punctured the baby with them, while pronouncing some words in Hebrew that
Vitale did not know. Then, with the same pincers, they pulled out some flesh from
the outer right leg of the baby. He said he did not pay attention to who did it
initially and who went on pulling out flesh from the baby's right leg. He said
the blood dripping from the leg was gathered in a bowl. He ignored who was
holding it. Then, Samuel and Moses, sitting on a bench, took the baby and put
him between them. They made him stand, holding him upright with his hands like
that. Moses was sitting by the baby's right side, holding him upright and
holding his right arm extended. Samuel was doing the same thing, while sitting
by the baby's left side. Thobias was holding his feet. In this way, being held
upright and with his arms extended, the baby looked crucified. While he was
held in this position, the aforementioned Jews gathered around the baby and
punctured him with needles they had in their hands. Vitale punctured the baby,
as well, as he said above. While they were doing such things, the baby died
(Interrogatus quod melius dicat veritatem: respondit quod in die pasce ipsorum
iudeorum, quod fuit in die Iovis, quem cristiani dicunt Sanctum diem, circam
principium noctis, et aliter precise nescit dicere horam, ipse Vitalis existens
in domo Samuelis, ivit in cameram, quae est ante Sinagogam; ubi etiam erant
infrascripti: Moises Antiquus, Samuel Israel eius filius, Mohar filius Moisi
Antiqui, Bonaventura filius Mohar, Bonaventura coquus, Thobias. Et ubi dictu
Samuel ligavit unum faziolum (handkerchief) circa collum cuiusdam pueri ibi
existentis; quem puerum Moises Antiquus, sedens super quodam bancho scampno,
habebat super genibus: et quem faziolum dicti Moises et Samuel stringebant
circa collum pueri, ne audiretur dum clamaret. Et Moises, cum tenalea quadam,
quam habebat in manibus, extirpavit modicum de carne pueri maxille dextre. Et
similiter fecerunt Samuel et Thobias. Qui Thobias, cum scutella quadam,
aliquando colligebant (sic) sanguinem defluentem a maxilla pueri; et aliquando
etiam Mohar tenebat scutellam. Et omnes suprascripti, et ipse Vitalis, habebant
acus in manibus, cum cuibus pungebant dictum puerum; dicendo certa verba in
hebraico, quae ipse nescit, et deinde, cum eadem tenalea, extirpaverunt de
carne pueri in tibia dextra, ad latus exterius. Et nescit quis fuerit primus,
nec secundus qui extirpaverunt carnes de tibia dextra. Et dicit quod sanguis,
qui defluebat ex dicto vulnere tibie, colligebatur in una scutella. Et nescit
quis teneret dictam scutellam. Et postmodum Samuel et Moises, sedentes super
quadam bancho ibi posito, receperunt dictum puerum, et illum, inter se
sedentes, erexerunt in pede. Et illum tenebant erectum in pedibus, manibus, hoc
modo: quia Moises, sedens ad latus dextrum pueri, tenebat rectum puerum in
pede, et tenebat brachium dextrum extensum. Similiter faciebat Samuel, qui erat
ad latus sinistrum pueri, et Thobias (ut credit de Thobia) tenebat pedes pueri;
ita quod puer, sic stans erectus et extensus cum brachiis, videretur
crucifixus. Et puero sic stante, omnes suprascripti iudei circumstantes cum
acubus, quas in manibus habebant, pungebant dictum puerum, et ipse etiam
(Vitalis) pupugit, ut sopra dixit: et dum haed fierent, puer mortuus est).
Those readers who believe those have been the most atrocious details of the
murder, are totally wrong. This will be clear soon. Let's go on, for the
moment, with the Levite Vitale's revelations.
>From his revelations, we know that the Jews in Trent drew out
(extirpaverunt) Blessed Little Simon's blood together with his flesh by the use
of pincers (tenalea quadam), not by means of a small knife, which would have
been easier and thus more natural. Now, why did they do this with pincers
instead of a small knife? This is because, in the past, they had already used
small knives to get the Christian baby's blood, as was the testimony during the
course of the trial. The bodies cut by knives, instead of nippers, were found
in their houses. So they were charged with having opened their veins to get the
blood from bodies. Therefore, in order to deter people from thinking that Jews
had committed those crimes, and to make people believe those wounds were not
made by hand, they stopped cutting the flesh with a knife and started using
nippers to draw out blood and tear the flesh of the babies who were kidnapped
to honor their Passover by the use of the blood from those babies. We are going
to hear Moses the Elder and Samuel about this, who are well-experienced Jews as
far as Rabbinism's holy rites are concerned.
Then, Vitale (Folio XLIII recto) was questioned about what needles were used by
them to puncture (quae acus erant ille cum quibus pungebant). He answered they
were some copper needles (quod erant certe acus de rame). When they showed him
some various needles... he chose a certain needle with a ball-grip (Elegit
quandam acum a pomedello), saying that this needle with a ball-grip was similar
to the needles they had used, as above (Dicens quod illa acus a pomedello est
similis acubus, quibus usi fuerunt ut sopra). They were those kind of needles
that in Italian are called spilletti or spillettoni, which have a round head,
like a ball-grip. In Venetian they are called aghi col pomelo: acus a
pomedello.
When he was questioned why they had hurt the baby in such a way and why they
punctured him like that (Quare ita vulneraverunt dictum puerum et quarem illum
ita pupugerunt), he replied they hurt him to have his blood, as he said above,
and therefore they punctured him and stretched his arms in Jesus' memory
(Respondit quod ideo vulneraverunt ut haberent sanguinem, ut sopra dixit: et
quod ideo pupugerunt et extenderunt manus, in memoriam Iesu). As far as Vitale
knew, it seems clear from his reply that the very first intention for that
crime was ut haberent sanguinem (that they might have the blood), then availing
themselves of the opportunity, to Hebraically renew the memory of Passion in memoriam
Iesu.
Asked if this renewing Jesus' memory was for good or for bad purpose, he
replied (interrogatus: in memoriam bonam, vel in memoriam malam) that they did
it to show that they despised Jesus, the God of the Christians, and said that
every year they renew His passion (Respondit quod fecerunt in contemptum et
vilipendium Iesu Dei cristianorum: dicens quod omni anno faciunt memoriam
dictae passionis).
When they asked him in what manner they renewed this memory (Quomodo faciunt
illam memoriam), he answered that the Jews renewed this memory every year by
putting some Christian boy's blood in their unleavened bread (Respondit quod
ipsi iudei facunt memoriam dicte Passionis omni anno, quia ponunt de sanguine
pueri cristiani omni anno in eorum azimis, sive fugatiis).
Vitale did not answer in this last reply of his (it was to be his last reply of
his last interrogation) that the Jews renewed Jesus' Passion by despising Him,
by positioning the boy as if he were crucified, or by means of those barbarous
acts done in order to martyr him. He answered that they used to do this by
flavouring their buns with Christian blood. However they were guilty of
despising Jesus' memory and His Passion all the same, without expressly
thinking about it. Their very purpose was to murder Christian children and take
their blood to use in their pastries in honour of their Passover. This had
always been their first answer to those who asked them their motivatations and
the purpose for those murders. They would not mention the second answer, about
insulting the memory of Jesus' Passion, if they were not asked to talk about it
by the persistence of the inquiring judges' questions. Only then, when they
were expressly questioned, did they seem to reflect upon that and remember they
had committed such crimes not only to get blood for their unleavened cakes, but
that they also used to practice those impious Passover rites of theirs in order
to insult Christ and Christians. This was clear enough in the interrogation we
have been discusssing up to now. It will be clearer in the following
interrogation which we will report. Jews wouldn't have had any difficulties in
admitting that secondary cause for the murder, if it were instead the primary
one, for everyone knows of their hatred and contempt for Christ and Christians.
That other Jewish rite of complying with their Passover by means of Christian
blood, was most secret and arcane. They first were supposed to have confessed
the well-known cause, reserving the occult one for further persistence and
tortures, if they did not need further insistencies and tortures in order to
remind the well-known cause. This is a clear evidence of the fact that the main
cause, if it is not the only reason for their crime which first came to their
minds and tongues, was not the well-known cause, but the occult one. The
Christian court was very interested in the well-known cause as well, even if it
was secondary. This had to be ascertained in order to point out the evidence
for the reason of Blessed Little Simon's martyrdom, who was killed because of
the hatred for the memory of Christ. It had to be determined even because those
crimes against Jesus Christ and Christianity in Christian countries, where Jews
were hardly tolerated, were expressly considered in the civil and
ecclesiastical Laws under which which judges had to investigate, prosecute and
punish.
That is enough as for the present correspondence.